La
mamma del Musone, venerdì sera ci ha
lasciato.
Gli ultimi due mesi, per Lei, sono stati di grande a volte davvero atroce sofferenza e il cuore alla fine non ha retto. Ci ha salutato con tre respiri, molto distanziati l’uno dall’altro, e l’ultimo non è più tornato…
Io e Lei, per molti anni, abbiamo innalzato un muro che ci teneva a dovuta distanza. Quando ci sorridevamo erano sorrisi davvero forzati, mai un abbraccio, mai un bacio, solo tante frecciatine pungenti.
Ricordo ancora come fosse adesso il nostro primo incontro. Spalancò i suoi meravigliosi occhi azzurri identici a quelli del figlio ed esclamò: Mio Dio, quanto sei bella! L’idillio purtroppo si interruppe credo sul nascere, quando venne a sapere che ero “comunista”. Lei, naturalmente era … e vabbè… chiamiamola con il termine esatto.. si… era “fascista”.
Ebbene si. Se siamo state divise per molti anni e ci siamo lanciate frecciate pungenti a raffica non riuscendo a trovare un punto d’incontro praticamente in nulla, la colpa è da addebitare per un buon 80% alla fede politica. Il mio essere "comunista" e il suo essere ""fascista" faceva si che ci sentissimo con presunzione, sempre una migliore dell'altra. Che sciocche siamo state!
Vabbè vabbè … la cosa positiva è che comunque siamo riuscite a recuperare e a cicatrizzare le ferite che ci siamo inflitte a vicenda.
La Vita offre sempre una seconda possibilità, basta coglierla. E noi l’abbiamo fatto.
Ci son voluti, ahimè, i problemi di salute del Musone. Si, il nostro avvicinamento è partito da lì. Lei, chiese di starmi accanto, voleva esserci ogni volta fuori da quelle sale operatorie ad aspettare ore e ore e ore. E poi in rianimazione, entravamo insieme per farci forza l’una con l’altra, e poi le notti a vegliarlo i quelle stanze d’ospedale, anche lì, lo facevamo insieme io e Lei, una accanto all’altra. ... Condividevamo la stessa angoscia, le stesse sensazioni, le stesse speranze... Capivo che aveva assolutamente bisogno di stare accanto al figlio, ma non voleva lasciare sola nemmeno me. Imparammo proprio così a volerci bene: attraverso il dolore e l’Amore che, in modo diverso, provavamo per lo stesso Uomo.
In questi ultimi due mesi che Lei ha vissuto in un letto d’ospedale le sono stata accanto ogni giorno. Dalle cinque e mezza alle nove di sera, finchè non si addormentava, io ero li, al suo fianco.
Mercoledì avevo capito che il suo percorso di sofferenza era giunto al termine. Mentre la imboccavo mi ha fatto segno con la mano di fermarmi e poi mi ha detto con un filo di voce:” Cristina basta, non ce la faccio più, non ce la faccio più, non ce la faccio più….”. Allora io, ho poggiato il piatto sul tavolino, delicatamente le ho pulito la bocca, poi… l’ho guardata negli occhi e le ho detto per la prima volta :” Rina, lo sai che ti voglio bene, vero?” Lei, mi ha risposto facendo un cenno di assenso con la testa. “ Ma lo sai che te ne voglio tanto tanto, vero?” Lei mi ha sorriso e mi ha sussurrato:” Anch’io tesoro te ne voglio tanto”. Tesoro. Mi ha chiamata Tesoro... L’ho presa tra le braccia e l’ho riempita di baci. Non l’avevo mai fatto con Lei…davvero… mai…
Poi ho preso il pettine e con gli occhi lucidi ho iniziato a pettinarla… A lei piaceva farsi pettinare da me, la rilassava. Si è piano piano appisolata, vorrei dire… serenamente.
Il mattino dopo è entrata in coma…
Mi mancherà. Mi manca già. Davvero tanto.
Gli ultimi due mesi, per Lei, sono stati di grande a volte davvero atroce sofferenza e il cuore alla fine non ha retto. Ci ha salutato con tre respiri, molto distanziati l’uno dall’altro, e l’ultimo non è più tornato…
Io e Lei, per molti anni, abbiamo innalzato un muro che ci teneva a dovuta distanza. Quando ci sorridevamo erano sorrisi davvero forzati, mai un abbraccio, mai un bacio, solo tante frecciatine pungenti.
Ricordo ancora come fosse adesso il nostro primo incontro. Spalancò i suoi meravigliosi occhi azzurri identici a quelli del figlio ed esclamò: Mio Dio, quanto sei bella! L’idillio purtroppo si interruppe credo sul nascere, quando venne a sapere che ero “comunista”. Lei, naturalmente era … e vabbè… chiamiamola con il termine esatto.. si… era “fascista”.
Ebbene si. Se siamo state divise per molti anni e ci siamo lanciate frecciate pungenti a raffica non riuscendo a trovare un punto d’incontro praticamente in nulla, la colpa è da addebitare per un buon 80% alla fede politica. Il mio essere "comunista" e il suo essere ""fascista" faceva si che ci sentissimo con presunzione, sempre una migliore dell'altra. Che sciocche siamo state!
Vabbè vabbè … la cosa positiva è che comunque siamo riuscite a recuperare e a cicatrizzare le ferite che ci siamo inflitte a vicenda.
La Vita offre sempre una seconda possibilità, basta coglierla. E noi l’abbiamo fatto.
Ci son voluti, ahimè, i problemi di salute del Musone. Si, il nostro avvicinamento è partito da lì. Lei, chiese di starmi accanto, voleva esserci ogni volta fuori da quelle sale operatorie ad aspettare ore e ore e ore. E poi in rianimazione, entravamo insieme per farci forza l’una con l’altra, e poi le notti a vegliarlo i quelle stanze d’ospedale, anche lì, lo facevamo insieme io e Lei, una accanto all’altra. ... Condividevamo la stessa angoscia, le stesse sensazioni, le stesse speranze... Capivo che aveva assolutamente bisogno di stare accanto al figlio, ma non voleva lasciare sola nemmeno me. Imparammo proprio così a volerci bene: attraverso il dolore e l’Amore che, in modo diverso, provavamo per lo stesso Uomo.
In questi ultimi due mesi che Lei ha vissuto in un letto d’ospedale le sono stata accanto ogni giorno. Dalle cinque e mezza alle nove di sera, finchè non si addormentava, io ero li, al suo fianco.
Mercoledì avevo capito che il suo percorso di sofferenza era giunto al termine. Mentre la imboccavo mi ha fatto segno con la mano di fermarmi e poi mi ha detto con un filo di voce:” Cristina basta, non ce la faccio più, non ce la faccio più, non ce la faccio più….”. Allora io, ho poggiato il piatto sul tavolino, delicatamente le ho pulito la bocca, poi… l’ho guardata negli occhi e le ho detto per la prima volta :” Rina, lo sai che ti voglio bene, vero?” Lei, mi ha risposto facendo un cenno di assenso con la testa. “ Ma lo sai che te ne voglio tanto tanto, vero?” Lei mi ha sorriso e mi ha sussurrato:” Anch’io tesoro te ne voglio tanto”. Tesoro. Mi ha chiamata Tesoro... L’ho presa tra le braccia e l’ho riempita di baci. Non l’avevo mai fatto con Lei…davvero… mai…
Poi ho preso il pettine e con gli occhi lucidi ho iniziato a pettinarla… A lei piaceva farsi pettinare da me, la rilassava. Si è piano piano appisolata, vorrei dire… serenamente.
Il mattino dopo è entrata in coma…
Mi mancherà. Mi manca già. Davvero tanto.