Un post nei paraggi del Natale è quasi una tappa fissa.
Credo non ci sia stato un Natale, da
quando sono entrata a far parte del popolo
dei Naviganti, che non si sia preso uno
dei miei pensieri ed abbia preteso di vederlo trascritto qui, su questo schermo, magari non necessariamente per augurare Buon Natale, ma qualcosa dal mio animo è sempre uscito.
E devo dire che gliene sono grata, perché
i miei, lo so, sono pensieri piccoli,
scritti il più delle volte a ruota libera, in momenti ricavati da quegli spazi
striminziti che riesco a rubare alle mie
piene e pesanti giornate, ma provengono dal Cuore, ed è bello estrapolarli ad uno dei miei sempre più
numerosi Silenzi e ritrovarli qui, colorati di rosso.
Quest’anno avrei avuto una lunga lista
da chiedere al Natale, e fino a poco fa erano solo richieste per me. Si. Giuro.
Per la prima volta avevo pensato solo a me stessa. Perché ho l’animo sempre
più stanco, con sempre più strettoie e cunicoli da affrontare e superare. E
avevo voglia di gridare al Natale che
provasse a dedicarsi un po’ a me. Accidenti.
Ma poi… lo sguardo è andato a puntare oltre il vetro della finestra che è qui al mio
fianco. E questo non poteva essere altro che un segno. Si, uno di quei
segni che arrivano da chissà dove… da
chissà Chi… e che cambiano o illuminano i percorsi dei Pensieri dettati dall’anima…
In quell’ attimo, mentre il mio sguardo si posava sugli alberi
spogli offuscati un po’ dalla nebbia, passava lungo la stradina, a testa
bassa, con la sigaretta in bocca, trasandato, con la barba incolta ed i capelli
arruffati come li ha da diverso tempo, il D.
Il D. abitava due case dopo la mia .
Abitava, perché ora non abita più.
Ha perso tutto.
La piccola azienda che aveva è fallita, e lui si è ritrovato nella disperazione
assoluta. Alcuni mesi fà il tribunale ha preteso che liberasse anche la casa. E’
stato un giorno che non dimenticherò mai. Li hanno proprio buttati fuori, e finchè non è arrivato un camioncino a
prenderli, lui la moglie e la figlia, sono rimasti in strada per ore, con le
valigie e le tante borsette di nailon
con dentro le loro cose.
Umiliati fino all’ultimo, nella loro disperazione.
Il D., dopo il fallimento non si è più
ripreso, ultimamente sembrava un barbone. A volte veniva a suonarmi il
campanello per chiedermi un pacco di pasta. C’erano giorni che non avevano proprio
nulla da mangiare. Un po’ erano aiutati
dal Comune, un po’ ci pensava la
parrocchia, e un po’ anche noi della stradina.
Non so ora dove sono andati ad abitare. Da
quel giorno si sono chiusi in se stessi e non hanno più parlato con nessuno.
Forse il Comune avrà trovato per loro un
alloggio. Almeno lo spero.
Dentro quelle mura sigillate e circondate ormai da erbacce incolte, c’e tutta
la storia del D., c’e tutta la sua sua
Vita. Era la casa di suo nonno, che poi
fu di suo padre, e poi divenne la sua.
E come oggi, lui, di tanto in tanto arriva. A piedi.
Chissà da dove. Sempre a testa
bassa per evitare di ricevere un saluto. E sta lì. Per qualche attimo. Davanti a quel maledetto cancello sigillato. E solo Dio sa, quanto il cuore del D.
sia lacerato.
E se questo Natale davvero
potesse
portare come doni: uno spiraglio
di Luce Nuova e una possibilità di
ricominciare a sorridere con fiducia alla Vita cancellando tutte le sofferenze passate , vorrei che questi doni il Natale li portasse con tutto il cuore al D. e alla sua famiglia.
Un caldo abbraccio a tutti
Buon Natale.
Cristina